In passato
La distanza dell'uomo dalla nascita e dall'accudimento del figlio rintraccia le sue motivazioni innanzitutto
in situazioni sociologiche e culturali, per le quali, essendo egli l'unica fonte
di sostentamento della famiglia, era costretto dal lavoro a restare lontano da
casa per la maggior parte della giornata.
Un tempo la donna aveva il compito di mettere “al” mondo il figlio e il padre quello di metterlo “nel” mondo, di insegnargli a vivere nella società; egli era colui che trasmetteva le regole sociali, era il primo esempio di autorità, il detentore di valori.
Al padre si riconosceva esclusivamente il ruolo di educare il figlio una volta cresciuto e preferibilmente quando poteva contare sulla comunicazione verbale. Il padre era la figura forte che proteggeva il figlio e lo accompagnava nel mondo insegnandogli a vivere e ad adattarsi alle richieste sociali.
Al di là
dei retaggi culturali cui abbiamo fatto riferimento, questa difficoltà
dell'uomo a una partecipazione totale alla gravidanza, al parto e alla nascita
non si spiega solo in termini
socioculturali, ma ha anche una sua spiegazione in
termini
psicologici.
Portare un bambino nell’utero per nove mesi offre alle donne un grande vantaggio nel processo di bonding
(legame), nelle donne c'è una perfetta sincronia fra i cambiamenti del corpo e il suo
Sé, con la progressiva definizione di uno spazio per il bambino nel corpo e nella mente. Un vantaggio che il padre non ha,
e spesso prende consapevolezza della sua nuova
condizione esistenziale di padre solo quando il bambino stesso è nato.
Per molto tempo tutti gli studi scientifici sulla
predisposizione biologica si sono concentrati sulle madri, trascurando i padri.
Una serie di studi recenti suggerisce che i padri sono dotati di capacità genitoriali paragonabili a quelle delle madri, e proprio come cambiano i corpi delle loro compagne, sotto l'influsso dei cambiamenti ormonali, anche gli uomini possono subire cambiamenti ormonali significativi che li preparano a diventare padri.
Questi studi recenti hanno evidenziato che i futuri padri mostrano un marcato cambiamento nei loro livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, nonché un aumento dell’ormone prolattina
e un aumento dell’ormone femminile estradiolo. Questi cambiamenti sembrerebbero quindi aiutare i papà ad adattarsi al nuovo ruolo.
Nel presente
Gli uomini nella società odierna stanno elaborando una
diversa competenza genitoriale rispetto a quella di un tempo.
Oggi tale competenza sembra affiancarsi sempre di più a quella materna in quanto essi si occupano anche delle cure primarie assieme alla madre: cure fisiche, cambio del pannolino, bagnetto.
La maggiore competenza nelle cure primarie comunque non rende la sua relazione col figlio interscambiabile con quella madre-figlio:
entrambe sono infatti relazioni con caratteristiche uniche.
Lo studio delle relazioni familiari non soltanto ha determinato il superamento della centralità della diade madre/bambino e il conseguente ricentramento del ruolo del padre, ma comporta anche la scoperta del rilievo della
co-genitorialità, che non è la semplice somma del ruolo materno e paterno, ma prevede la definizione di un progetto genitoriale condiviso, l’interazione profonda del sentire e dell’agire dei genitori, la loro capacità di coordinarsi per
realizzare lo scopo comune del benessere del figlio.