Anche di notte i bambini hanno
bisogno di noi
Ecco perché i metodi di apprendimento al sonno sono da sconsigliare
Sia di giorno che di notte, i bebè e i bambini piccoli hanno bisogno dell’assistenza amorevole e della vicinanza della persona (o delle persone) di riferimento.
I bisogni dei neonati sono i medesimi 24 ore
su 24 e non hanno ancora sviluppato la
nozione del tempo.
Se lasciato solo, il
bebè o il bambino piccolo è costretto a
confrontarsi con una grande paura.
Nei
casi normali, attiva un metodo di attaccamento
sano: cioè mette in atto tutto
il possibile per raggiungere la persona
di riferimento. Si mette a piangere per
far sì che i suoi genitori lo prendano vicino
a loro, lo consolino e gli infondino
un sentimento di sicurezza.
Se i genitori
non reagiscono alla sua richiesta di vicinanza
e di protezione, prova un acuto dolore di separazione e la sua fiducia si
incrina, ciò che può minare la corretta
formazione di un attaccamento detto
“sicuro” e pregiudicare lo sviluppo futuro.
La tecnica del “lasciar piangere”: una metodologia molto dolorosa e nefasta per il bambino
Per questo motivo è sorprendente
vedere persone che professionalmente
forniscono consigli ai genitori continuare
a suggerire loro metodi quali il cosiddetto “apprendimento al sonno” (metodo
Ferber o “controlled crying”).
Si tratta di lasciare il bambino
da solo, la notte al buio, anche se
questa situazione lo fa palesemente
soffrire. La tecnica del lasciar piangere”,
molto in voga tempo fa, è oggi respinta
e vista da tutti gli specialisti come
una metodologia molto dolorosa e nefasta
per il bambino.
Tuttavia la tecnica del lasciar piangere ma con diversi intervalli
di presenza (il cosiddetto “condizionamento
a frustrazione controllata” o
ancora “estinzione adattata”) è spesso
ritenuto idoneo, anche se queste pratiche
sono ugualmente problematiche
per il bambino.
Angosciato e stressato,
il bebè non si rende probabilmente conto
dei pochi minuti di attenzione previsti
da questi metodi, minuti che servono
principalmente ai genitori per calmare
la loro cattiva coscienza.
Nel quadro delle consulenze sull’allattamento,
incontriamo regolarmente mamme
che, preoccupate dal comportamento
dei loro bambini durante il sonno,
hanno ricevuto quale consiglio di applicare
un programma di “apprendimento
al sonno” sul modello del metodo Ferber.
Ma tante madri sentono istintivamente
che questo modo di procedere
non è salutare per i loro figli. Quelle che
hanno applicato il metodo per un periodo
di tempo limitato sono sovente
ancor più preoccupate dall’intensità dei
pianti del loro bambino.
I continui risvegli
costituiscono una sfida per la maggior
parte dei genitori e possono provocare
una profonda stanchezza. Ma i genitori
che riescono a meglio capire il comportamento dei loro bambini durante il sonno,
grazie a un’informazione competente,
e che si sentono rafforzati nella loro
maniera amorevole di reagire al proprio
bambino, vivono spesso meglio i risvegli
notturni.
Inoltre esistono metodi validi
per influenzare il sonno del bambino in
maniera positiva, senza lasciarlo piangere
da solo.
Cosa sapere sul sonno
Nei primi mesi di vita il neonato passa circa il 70-80% del tempo dormendo, quindi circa 15-20 ore al giorno, anche se non dobbiamo dimenticare che ogni bambino è differente dall’altro.
I piccoli hanno più bisogno di dormire perché il sonno influisce sulla loro crescita, in particolare favorendo lo sviluppo cerebrale (sopratutto nella fase REM) e poi, crescendo, tale esigenza si riduce gradualmente.
Il sonno si divide in cicli, e all’interno del singolo ciclo si susseguono “fasi” diverse tra loro in termini di quantità di tempo.
Ciò vale sia per i bambini sia per gli adulti quello che cambia è la loro
durata.
Un
ciclo di sonno ha la
durata di circa
un’ora per i neonati per i bambini più grandi e per gli adulti il ciclo si allunga
e arriva a 90-120 minuti.
Le fasi del ciclo di sonno si suddividono tra fase REM (sonno più leggero) e non-REM (sonno più profondo).
Alla nascita, il sonno REM rappresenta circa il 50% del totale, intorno ai 2-3 anni diventa il 25%, per raggiungere poi circa il 20% intorno ai 6 anni, come negli adulti.
I cicli di sonno si susseguono uno dopo l’altro e sono alternati a micro-risvegli, è dunque sbagliato pensare che il sonno sia continuo.
Questo capita anche agli adulti ma spesso non ce ne accorgiamo. Mentre nei
neonati sono più frequenti, in quanto il ciclo di sonno è più breve, e
sopratutto spesso non sono abituati a riaddormentarsi da soli e quindi richiamano l’adulto per essere supportati.
Tutto questo è assolutamente normale e dipende dal fatto che i piccoli si spaventano per la lontananza della figura di accudimento: un meccanismo presente
in tutto il mondo animale e che costituisce una prima difesa dei cuccioli dall’aggressione dei predatori.
Il sonno del neonato come gestirlo
Innanzitutto i genitori devono accettare che nei primi mesi un neonato si sveglierà più volte ma che non si tratta di un capriccio o di errori di gestione. Il sonno del bambino richiede tempo per autoregolarsi e nel tempo le cose miglioreranno.
La qualità del sonno dipende poi dalla quotidianità e dal tempo che i genitori gli dedicano: più il bimbo passerà del tempo con mamma e papà durante il giorno, più sarà appagato sotto questo punto di vista e meno soffrirà il “distacco” dovuto all’addormentamento.
Eventuali difficoltà e problemi del sonno ci daranno molte informazioni sul modo in cui vive.
Molto importante è rispettare i tempi del bambino: si deve evitare di svegliare
il neonato (come ad esempio se arriva l'ora della poppata); come evitare che sia esausto per metterlo a letto. Un bambino molto stanco è più irritabile e nervoso e quindi più difficile da far addormentare.
Creare un rituale serale
Prevedere un insieme di attività che si ripetono quotidianamente prima di andare a dormire hanno la funzione di prepararlo a ciò che accadrà a breve.
Per favorire il sonno già due ore prima dell'addormentamento si devono evitare
giochi troppo turbolenti o eccitanti ed è consigliabile il bagnetto e/o un
massaggio.
Creiamo un rituale serale: leggere una favola, cantare una ninna nanna, o
parlargli con affetto.
Non è consigliabile far addormentare i bambini sul divano o nel lettone e poi spostarli nella
culla, perchè questo può confonderli: svegliandosi di notte in un luogo diverso da quello in cui si sono addormentati, potrebbero sentirsi spaventati e spaesati, e tutto ciò renderà più difficile il riaddormentamento.