Home » A chi appartiene la placenta?
♥ A CHI APPARTIENE LA PLACENTA?
La placenta appartiene alla donna.
La placenta, generalmente, viene trattata come un rifiuto speciale e pertanto smaltita dall'ospedale. Solo in pochi casi viene lasciata alla disponibilità della madre.
Che cos'è la placenta
È l'unico organo transitorio che abbiamo – si forma solo durante la gravidanza, costituendo l'interfaccia tra mamma e bambino – inoltre, è l'unico
organo in condivisione tra due individui che per circa 280 giorni fornisce al feto un flusso continuo di alimenti e ossigeno e rimuove i rifiuti del metabolismo del bambino.
La formazione della placenta si completa nelle prime 20 settimane di gravidanza, con la differenziazione di vari tipi cellulari.
Alla fine del processo la placenta ha la forma di un disco da una parte si attacca per tutta la sua superficie all'utero della mamma. Dall'altra invece, i capillari del disco si uniscono per confluire nella vene e nelle arterie del cordone ombelicale. A termine di gravidanza, la placenta ha in media un diametro di 16-20 centimetri e un peso di 500 grammi.
La placenta nelle culture
In molte culture nel mondo, la Placenta è considerata un
organo sacro.
Abbiamo notizie del suo uso dall’antico Egitto alla Cina, passando
per quasi tutte le
culture indigene dell’Asia e del Sudamerica.
Mentre nella medicina occidentale la placenta umana viene abitualmente considerata come nulla più che un rifiuto, mentre presso molte culture essa gode di un trattamento di tipo
cerimoniale. Riverita per il suo simbolismo collegato con la vita, lo spirito e l’individualità, viene spesso sepolta all’esterno. Alcune popolazioni la sottopongono anche a cottura e se ne cibano, sia per celebrare la nascita sia per il suo alto contenuto di nutrienti. Presso gli
Indiani Navajo del Sudovest degli USA è d’uso seppellire una placenta all’interno del territorio della riserva tribale, delimitato dai Quattro Angoli sacri, come simbolo di legame con la terra degli antenati e il gruppo di appartenenza. I
Maori della Nuova Zelanda mantengono anch’essi la tradizione di sotterrare la placenta sotto il suolo nativo. Nel loro linguaggio originale, la parola per “terra” e “placenta” è la medesima: whenua. Gli indigeni boliviani
Aymara e il popolo
Quechua pensano che la placenta abbia un suo proprio spirito. Essa deve essere lavata e sotterrata dal padre in un luogo segreto e ombroso.
Una nuova fonte promettente di cellule staminali
La caratteristica fondamentale delle
cellule staminali è la loro capacità di trasformarsi in più tipi di cellule e di autorinnovarsi. Nel corpo umano, possono rigenerare i tessuti danneggiati e recuperare le cellule disponibili. Un’altra proprietà unica delle cellule staminali è la loro capacità di ridurre i processi infiammatori che si verificano nei tessuti danneggiati. Questo permette al corpo di rigenerarsi e curarsi.
Una popolazione eterogenea di cellule insite nella placenta potrebbe svilupparsi in cellule ossee, adipose, epatiche, pancreatiche, neurali o muscolari. Pertanto, queste cellule hanno un grande potenziale terapeutico nella medicina rigenerativa e svolgono un ruolo importante nella riparazione dei tessuti danneggiati e nella formazione di nuovi vasi sanguigni.
Al momento sono in corso molti studi che utilizzano cellule staminali
placentari, anche per il trattamento di malattie cardiovascolari come l’ischemia o l’arteriosclerosi. Il potenziale delle cellule staminali della placenta è enorme e il loro prossimo contributo positivo al mantenimento e al ripristino della salute è ormai solo una questione di tempo nella ricerca scientifica.
Donare il sangue placentare
La donazione del sangue placentare può essere effettuata in tutti i punti nascita. Al termine del parto, dopo il taglio del cordone ombelicale, una quantità di questo sangue che rimane nei vasi sanguigni del cordone e della placenta può essere raccolto con una facile procedura effettuata dall'ostetrica, mentre il neonato viene accolto dalla sua mamma. La tecnica è assolutamente indolore e priva di rischi e può essere effettuata sia nel parto naturale che nel taglio cesareo, con o senza analgesia peridurale o spinale.
La raccolta del sangue del cordone ombelicale può essere di tre tipi, in base a diverse finalità:
Donazione del sangue cordonale allogenica (solidaristica): consiste nel donare il sangue del cordone ombelicale del neonato per chiunque ne abbia bisogno e risulti compatibile. I dati relativi alle donazioni confluiscono in un Registro nazionale che è collegato ai Registri internazionali dei donatori di midollo osseo. In questo modo, qualunque paziente abbia bisogno di un trapianto di cellule staminali emopoietiche può trovare un potenziale donatore compatibile anche dall’altra parte del mondo. La conservazione allogenica del sangue cordonale è gratuita, a carico del Sistema Sanitario Nazionale.
Donazione dedicata: consiste nel donare il sangue del cordone ombelicale per uso dedicato a un consanguineo del neonato. La conservazione è gratuita, a carico del Sistema Sanitario Nazionale.
Donazione autologa: consiste nel donare il sangue cordonale per uso riservato esclusivamente al proprio neonato. La legge italiana vieta la conservazione nel territorio nazionale ma consente di esportare in una struttura estera, a proprie spese, il sangue di cordone ombelicale e conservarlo per uso personale.
La legislazione
Se dal punto di vista costituzionale (artt. 13, 2, 32) e di normativa primaria (leggi 480/78 e 833/78) è pacifico che la placenta e la disponibilità della medesima siano della donna,
non tutti gli ospedali prevedono di routine di restituirla alla donna.
In alcuni casi, la richiesta viene respinta in virtù dei protocolli.
In particolare
spesso si inserisce la placenta fra i rifiuti pericolosi a rischio infettivo.
I rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo sono definiti come rifiuti che siano contaminati da sangue o altri liquidi biologici che contengono sangue in quantità tale da essere visibile. Per questi tipi di rifiuti è previsto lo smaltimento con termodistruzione.
Tuttavia è evidente che nel caso
di una donna e di un bambino sano, non ci sia nessun elemento che possa esser dichiarato infettivo.
In termini giuridici, possiamo quindi dire che la donna che ha partorito
è proprietaria e produttrice della placenta e quindi può ritirare la placenta sana, diventando gestrice della medesima, senza incorrere in alcuna violazione penale o amministrativa
e deve essere informata delle attenzioni che deve adottare (ossia per scopi privati e puramente auto-terapeutici).
per approfondire
CORSO ONLINE DI MEDICINA PLACENTARE
webinar 15 novembre e 17 novembre 2022
DETTAGLI CORSO »